Di seguito metto per la vostra lettura il testo della lettera firmata dalla chiesa cattolica, ortodossa e da alcune chiese evangeliche, le cosiddette chiese evangeliche "storiche" (che sta per moderniste a mio modo di vedere, oggi si potrebbe dire anche "bergogliane" vista la completa sintonia con molte delle tematiche preferite dall'attuale pontefice) per il rito, ormai da anni stanco ed uguale a se stesso, della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Unità che, noterete dai contenuti della lettera, si fa solo prima di tutto nel lavoro sociale, poi in una preghiera comune, la più generica possibile,per carità, per non urtare le diverse sensibilità dottrinali di questo e quello.
Ma la preghiera sacerdotale di Gesù non diceva che l'unità aveva senso solo se in Lui? Allora i contenuti della fede, la tanto vituperata "dottrina", la teologia, dovrebbero avere un peso. Le chiese che firmano la lettera non sono neppure d'accordo al loro interno (mi riferisco a quelle evangeliche) sul valore del rispettivo battesimo amministrato in modo diverso al loro interno. Gli evangelici aborriscono e considerano idolatria le immagini cattoliche ed ortodosse, per non parlare dei differenti modi di concepire il sacerdozio ed il ministero, sia universale che particolare.
Unità ricercata, come ormai abituale, "al massimo ribasso". Bei tempi quando i Padri della Chiesa ed i Rabbini disputavano tra di loro "gettandosi addosso la Scrittura", ovvero confrontandosi sui fondamenti della fede. Troppo impegnativo oggi? Forse si, considerando la vuotezza e la pochezza teologica di tanti ministri e tanti vescovi.
Più facile scrivere testi come quello che segue. Pieni di parole umane di pietà e buon senso e poveri di Parola di Dio. Ci si rifugia in una generica carità fatta di opere dimenticando che la Carità ha senso se nella Verità della fede e non fuori di essa.
Non c'è bisogno della fede in Cristo per essere buoni. Ma c'è bisogno del Cristo perchè la bontà sia vera, capace della Croce!
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
18/25 gennaio 2021
“Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune”
Care sorelle e cari fratelli,
mai come in questo tempo abbiamo sentito il desiderio di farci vicini gli uni gli altri, insieme alle nostre comunità che sono in Italia. La sofferenza, la malattia, la morte, le difficoltà economiche di tanti, la distanza che ci separa, non vogliamo nascondano né diminuiscano la forza di essere uniti in Cristo Gesù, soprattutto dopo aver celebrato il Natale. La sua luce, infatti, è venuta ad illuminare la vita delle nostre comunità e del mondo intero: è luce di speranza, di pace, luce che indica un nuovo inizio. Sì, non possiamo solo aspettare che dopo questa pandemia “tutto torni come prima”, come abitualmente si dice. Noi, invece, sogniamo e vogliamo che tutto torni meglio di prima, perché il mondo è segnato ancora troppo dalla violenza e dall’ingiustizia, dall’arroganza e dall’indifferenza. Il male che assume queste forme vorrebbe toglierci la fede e la speranza che tutto può essere rinnovato dalla presenza del Signore e della sua Parola di vita, custodita e annunciata nelle nostre comunità.
In questi mesi di dolore e di grande bisogno abbiamo visto moltiplicarsi la solidarietà. Molti si sono uniti alle nostre comunità per dare una mano, per farsi vicino a chi aveva bisogno di cibo, di amicizia, di nuovi gesti di vicinanza, pur nel rispetto delle giuste regole di distanziamento. Sentiamo il bisogno di ringraziare il Signore per questa solidarietà moltiplicata, ma vogliamo dire anche grazie a tanti, perché davvero scopriamo quanto sia vero che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (cfr. Atti 20,35). La gratuità del dono ci ha aiutato a riscoprire la continua ricchezza e bellezza della vita cristiana, inondata dalla grazia di Dio, che siamo chiamati a comunicare con maggiore generosità a tutti. Così, non ci siamo lasciati vincere dalla paura, ma, sostenuti dalla presenza benevola del Signore, abbiamo continuato ad uscire per sostenere i poveri, i piccoli, gli anziani, privati spesso della vicinanza di familiari e amici.
Le nostre Chiese e comunità hanno trovato unità in quella carità, che è la più grande delle virtù e che, unica, rimarrà come sigillo della nostra comunione fondata nel Signore Gesù.
Desideriamo, infine, intensificare la preghiera gli uni per gli altri, per i malati, per coloro che li curano, per gli anziani soli o in istituto, per i profughi, per tutti coloro che soffrono in questo tempo. Come abbiamo scritto nella presentazione del sussidio per la Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, oggi la nostra preghiera sale intensa, perché il Signore guarisca l’umanità dalla forza del male e della pandemia, dall’ingiustizia e dalla violenza, e ci doni l’unità tra noi. Ci uniamo con la nostra preghiera anche nella memoria del Metropolita Zervos Gennadios, che per diversi anni ha condiviso con noi il cammino verso la piena unità e ci ha lasciato il 16 ottobre dello scorso anno. La preghiera stessa infatti diventi a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”. Rimanere in Gesù vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore che ci spinge ad incontrare senza timore gli altri, specialmente i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato, percorrendo senza sosta le strade del suo tempo.
Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune, che vedrà riunite le nostre comunità soprattutto in questa settimana.
Un fraterno saluto a tutti nell’amicizia e nella stima che ci uniscono.
Roma, 14 gennaio 2021