sabato 31 agosto 2019

Se anche una bestia toccherà il monte sarà lapidata

La seconda lettura che ci viene proposta dalla liturgia della Parola di oggi, ci viene proposta con un taglio. Vengono tagliati i versetti 20 e 21 del brano, tratto dal capitolo 12 della Lettera agli Ebrei. Il brano omesso è quello che riporto sotto in grassetto.

18 Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, 19 né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.  

20  Non potevano infatti sopportare quest'ordine: Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata. 21 Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo.  

22  Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa  23  e all'assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24 a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.

Facendo la lectio sul brano, intanto mi colpiva, nei primi due versetti (18 e 19) l'insistenza dell'autore nel rimarcare che non è rintracciabile Dio nelle cose che gli uomini reputano universalmente grandi, potenti, terrificanti... il fuoco ardente, l'oscurità piena, la tenebra, la tempesta. Ci aggiungerei il terremoto vista la scossa di stanotte, che io ho avvertito debolmente, ma che i miei fratelli di Montemonaco e di Norcia hanno sentito bene...

Ma nemmeno Dio è nei proclami umani, negli squilli di tromba, nei discorsi sapienti, nelle affermazioni roboanti e sicure di cui gli uomini si fanno forti. In questi tempi di politica urlata, di sapienze rigettate una contro l'altra, di fedi e ideologie umane che lasciano il tempo che trovano, non è difficile capire questo brano.

La Parola di Dio è talmente più grande, urla talmente forte nell'intimo dell'essere umano, che chi la sente, sentendo la propria inadeguatezza, scontrandosi con il proprio peccato, finisce per scongiurare Dio di non rivolgergliela più!

Il riferimento di questi e dei versetti omessi che seguono è Esodo 19, le istruzioni date a Mosè prima della Rivelazione delle Parole, dei comandamenti di Dio. Nessuno, uomo o bestia, animale, doveva osare salire sul monte o anche solo toccarne i fianchi. Persino Mosè aveva timore, ce lo dice il libro dell'Esodo e ce lo conferma la citazione di Ebrei 12:21.

Per noi è diverso, sembra dire il proseguio della lettera agli Ebrei, noi siamo figli nel Figlio, noi siamo stati costituiti eredi secondo la promessa, noi possiamo essere tra migliaia di angeli, nell'adunanza festosa, tra gli spiriti dei giusti resi perfetti...
Grazie a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.

Ma  non è così semplice come potrebbe apparire. Perchè, come abbiamo ascoltato dall'Ufficio delle Letture, non bastano certo le nostre opere a render possibile questo. Anzi, le nostre opere sono altamente ingannevoli al riguardo. Perchè, come dice Gesù nel Vangelo, dei comandi di Dio nessuno decade, neppure uno iota. Perchè quei comandi restano validi per l'intera umanità, non solo per Israele. Perchè se uno si accosta come bestia al monte di Dio, al monte della Croce, il suo destino non sarà meno terribile di quello degli uomini o delle bestie di cui si parla nell'Esodo.

Ci raduniamo ogni domenica, ci raduniamo ogni Giorno del Signore, ci raduniamo ogni ottavo giorno come dice la liturgia, perchè sappiamo che la settimana umana è di sette giorni, la settimana delle nostre opere, ma che questa non basta per salvarci, pur se fosse pienamente riempita di opere buone. Perciò definiamo la domenica giorno primo ed ultimo, perciò diciamo che Cristo splende nel giorno ottavo. Ci vuole un ottavo giorno, ci vuole un di più, ci vuole la grazia di Cristo. Solo la grazia di Cristo salva.

Perciò facciamo memoria della Sua Parola, perciò facciamo memoria del Suo Corpo e del Suo Sangue. Perchè è solo il Suo Sangue che è purificatore! Non esiste sacrificio bestiale o umano che possa soddisfare Dio. Dio non sa che farsene, ce lo dice migliaia di volte nella Scrittura del sangue delle bestie o degli uomini che Egli stesso ha creato!

Lo stesso sangue dei martiri ha senso e significato perchè è unito al Suo Sangue, al Sangue di Cristo; non da solo! Perciò il martirio del sangue va accettato, insegnano i Padri della Chiesa indivisa, ma non va ricercato per la nostra maggior gloria. Che da noi stessi non possiamo aggiungere nulla alla salvezza che Dio ha operato una sola volta per noi attraverso il sacrificio del Suo Unico Figlio.

Se dopo aver ascoltato la Sua Parola, il nostro animo non trema, se dopo aver mangiato del Suo Corpo e bevuto del Suo Sangue, non proviamo gioia per la purificazione ricevuta, desiderio e bisogno di riceverne ancora, facciamo attenzione. Probabilmente abbiamo ancora troppo, troppe cose, troppi affetti, troppe ricchezze, troppe passioni che ci tengono legati a questo mondo.

Un mondo che finirà, per quanto possiamo crederci onnipotenti, bravi, ecologici, parola che va di moda. Il nostro mondo finirà, fenomeni come uragani, terremoti, eruzioni solari ce lo ricordano ogni giorno. Dobbiamo amministrarlo al meglio questo mondo, ma finirà. Invece troppi di noi si credono eterni in questa vita, credono eterne e imperiture le loro opere, credono che possiamo rendere eterno questo mondo di pietre e di acque ribollenti come i nostri spiriti...

Sono, siamo, questi troppi, come quegli Israeliti che si accostavano al monte di Dio senza capirne la grandezza. Bestie che toccano il monte, o uomini che toccano il monte con la grazia di una bestia, e saranno lapidate nel giorno del giudizio. 

Preghiamo il Signore, che accresca la nostra fede.

Amen.



Hanno fatto del mio campo prediletto un deserto desolato...

Molti pastori hanno devastato la mia vigna,
hanno calpestato il mio campo.
Hanno fatto del mio campo prediletto
un deserto desolato,
lo hanno ridotto una landa deserta,
in uno stato deplorevole;
sta desolato dinanzi a me.
È devastato tutto il paese,
e nessuno se ne dà pensiero.
Su tutte le alture del deserto
giungono devastatori,
poiché il Signore ha una spada che divora,
da un estremo all'altro della terra;
non c'è scampo per nessuno.
Essi hanno seminato grano e mietuto spine,
si sono stancati senz'alcun vantaggio;
restano confusi per il loro raccolto
a causa dell'ira ardente del Signore.

Geremia 12:10-13

Nessuna opera umana può salvare, perchè il cuore dell'uomo non è puro. Solo osservare la Parola di Dio, sine glossa, senza nulla aggiungere o togliere in base alle convenienze umane del momento della storia, può salvare. Solo avere un pensiero che è un tutt'uno con il pensiero di Cristo.

Ma noi vogliamo essere grandi, vogliamo essere apprezzati, vogliamo essere stimati, vogliamo essere considerati dal mondo. Devastiamo la natura di Dio, rigettiamo l'ordine naturale stabilito da Dio, creiamo nuovi ordini naturali, nuovi ordini mondiali...

Otteniamo il plauso del mondo, non certo quello di Dio.

Guai a quei pastori di cui parla il profeta Geremia, loro finiranno nella Geenna, grande sarà la loro punizione, perchè oltre a loro avranno trascinato agli inferi la porzione di gregge di Dio che era loro affidata!

Guai a chi avrà cercato un altro appoggio oltre alla Croce del Cristo, un altra speranza oltre alla Sua Resurrezione, a chi avrà trasformato in idoli il proprio operare, o le proprie opere.




Per questa grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene

Siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina, mentre nell'opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire.

Tuttavia non dimentichiamo quanto ci dice l'Apostolo: «Per questa grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2, 8-9). Ribadisce: «Per grazia siete stati salvati» (Ef 2, 5).

In realtà non vi era in precedenza nella nostra vita nulla di buono, che Dio potesse apprezzare e amare, quasi avesse dovuto dire a se stesso: «Andiamo, soccorriamo questi uomini, perché la loro vita è buona». Non poteva piacergli la nostra vita col nostro modo di agire, però non poteva dispiacergli ciò che egli stesso aveva operato in noi. Pertanto condannerà il nostro operato, ma salverà ciò che egli stesso ha creato.

Dunque non eravamo davvero buoni. Ciò nonostante, Dio ebbe compassione di noi e mandò il suo Figlio, perché morisse, non già per i buoni, ma per i cattivi, non per i giusti, ma per gli empi. Proprio così: «Cristo morì per gli empi» (Rm 5, 6). E che cosa aggiunge? «Ora a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto», al massimo «ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene» (Rm 5, 7). Può darsi che qualcuno abbia la forza di morire per il giusto. Ma per l'ingiusto, l'empio, l'iniquo, chi accetterebbe di morire, se non Cristo soltanto, che è talmente giusto da poter giustificare anche gli ingiusti?

Come vedete, fratelli, non avevamo opere buone, ma tutte erano cattive. Tuttavia, pur essendo tali le opere degli uomini, la misericordia divina non li abbandonò. Anzi Dio mandò il suo Figlio a redimerci non con oro né con argento, ma a prezzo del suo sangue, che egli, quale Agnello immacolato condotto al sacrificio ha sparso per le pecore macchiate, se pure solo macchiate e non del tutto corrotte.

Questa è la grazia che abbiamo ricevuto. Viviamo perciò in modo degno di essa, per non fare oltraggio a un dono sì grande. Ci è venuto incontro un medico tanto buono e valente da liberarci da tutti i nostri mali. Se vogliamo di nuovo ricadere nella malattia, non solo recheremo danno a noi stessi, ma ci dimostreremo anche ingrati verso il nostro medico.

Seguiamo perciò le vie che egli ci ha mostrato, specialmente la via dell'umiltà, quella per la quale si è incamminato lui stesso. Infatti ci ha tracciato la via dell'umiltà con il suo insegnamento e l'ha percorsa fino in fondo soffrendo per noi.

Perché dunque colui che era immortale potesse morire per noi, «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). L'immortale assunse la mortalità, per poter morire per noi e distruggere in tal modo con la sua morte la nostra morte.

Questo ha compiuto il Signore, in questo ci ha preceduto. Lui che è grande si è umiliato, umiliato fu ucciso, ucciso risuscitò e fu esaltato per non lasciare noi nell'inferno, ma per esaltare in sé, nella risurrezione dai morti, coloro che in questa terra aveva esaltati soltanto nella fede e nella confessione dei giusti. Dunque ci ha chiesto di seguire la via dell'umiltà: se lo faremo daremo gloria al Signore e a ragione potremo cantare: «Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie, invocando il tuo nome» (Sal 74, 2).

(testo di Agostino di Ippona, Vescovo)


mercoledì 28 agosto 2019

Mala tempora currunt

Scene di ordinaria miseria. Sul treno per il lavoro oggi pregavo come al solito con la corona del rosario. 

Due ragazzi, non facevano quarant'anni in due, uno mi dice: "Ma bravo, preghi come Salvini". 

Di solito lascio correre, stavolta gli ho risposto. 

Che il primo rosario l'ho pregato con mia zia Sara, avevo 8 anni, quando mia mamma stava per partorire mio fratello. E Salvini doveva ancora nascere. 

Ovviamente muti ed in buon ordine si sono allontanati. Ma l'accaduto la dice lunga. Una cosa simile non mi era mai successa...

Ora bisogna aver paura di pregare? 


martedì 27 agosto 2019

L'infedeltà del popolo di Dio

I detentori della legge non mi hanno conosciuto,
i pastori mi si sono ribellati,
i profeti hanno predetto nel nome di Baal
e hanno seguito esseri inutili.

Per questo intenterò ancora un processo contro di voi,
- oracolo del Signore -
e farò causa ai vostri nipoti.

Recatevi nelle isole dei Kittim e osservate,
mandate pure a Kedar e considerate bene;
vedete se là è mai accaduta una cosa simile.
Ha mai un popolo cambiato dèi?
Eppure quelli non sono dèi!
Ma il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria
con un essere inutile e vano.

Stupitene, o cieli;
inorridite come non mai.
Oracolo del Signore.
Perché il mio popolo ha commesso due iniquità:
essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne,
cisterne screpolate,
che non tengono l'acqua.

Perché già da tempo hai infranto il tuo giogo,
hai spezzato i tuoi legami
e hai detto: Non ti servirò!
Infatti sopra ogni colle elevato
e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.

Io ti avevo piantato come vigna scelta,
tutta di vitigni genuini;
ora, come mai ti sei mutata
in tralci degeneri di vigna bastarda?

Anche se ti lavassi con la soda
e usassi molta potassa,
davanti a me resterebbe la macchia della tua iniquità.

Oracolo del Signore.
Perché osi dire: Non mi sono contaminata,
non ho seguito i Baal?
Considera i tuoi passi là nella valle,
riconosci quello che hai fatto...

(dal capitolo 2 del libro del profeta Geremia)




sabato 24 agosto 2019

Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l'effetto contrario

Dalle «Omelie sulla prima lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 4, 3. 4; PG 61, 34-36)

La debolezza di Dio
è più forte della fortezza degli uomini

La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto servendosi non di mezzi umanamente imponenti, ma dell'apporto di uomini poco dotati. 

Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell'ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti.

Dai mezzi usati da Dio si vede come la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana. In che senso più forte? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l'universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. 

Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l'effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l'hanno potuto vincere. Perciò quando un pagano dice a un cristiano che è fuori della vita, dice una stoltezza. 

Quando mi dice che sono stolto per la mia fede, mi rende persuaso che sono mille volte più saggio di lui che si ritiene sapiente. E quando mi pensa debole non si accorge che il debole è lui. I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo, che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio. 

Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1, 25). Questa frase è chiaramente divina. Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? Che fossero paurosi e pusillanimi l'afferma chiaramente chi scrisse la loro vita senza dissimulare nulla e senza nascondere i loro difetti, ciò che costituisce la miglior garanzia di veridicità di quanto asserisce.

Costui, dunque, racconta che quando Cristo fu arrestato dopo tanti miracoli compiuti, tutti gli apostoli fuggirono e il loro capo lo rinnegò. Come si spiega allora che tutti costoro, quando il Cristo era ancora in vita, non avevano saputo resistere a pochi Giudei, mentre poi, giacendo lui morto e sepolto e, secondo gli increduli, non risorto, e quindi non in grado di parlare, avrebbero ricevuto da lui tanto coraggio da schierarsi vittoriosamente contro il mondo intero? Non avrebbero piuttosto dovuto dire: E adesso? Non ha potuto salvare se stesso, come potrà difendere noi? Non è stato capace di proteggere se stesso, come potrà tenderci la mano da morto? In vita non è riuscito a conquistare una sola nazione, e noi, col solo suo nome, dovremmo conquistare il mondo? Non sarebbe da folli non solo mettersi in simile impresa, ma perfino solo pensarla?

È evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio.

(Ufficio delle Letture del 24 agosto 2019, Festa di San Bartolomeo Apostolo)



venerdì 23 agosto 2019

Sul Sinodo Valdese che comincia

Chi mi conosce bene sa che dal 2003 al 2014 ho prestato servizio come predicatore locale nelle chiese valdometodiste. Poi qualcuno ha suggerito di non chiamarmi più... perchè non ero "allineato" (tutt'altro) sulle tematiche dell'omosessualità, eutanasia e corollari vari. 

Curiosamente per quello, su cui non mi è mai capitato di predicare peraltro, non perchè credevo nella presenza reale o pregavo con il rosario... di quello non importava nulla a nessuno. 
Hanno suggerito di non chiamarmi più, senza dirmelo ovviamente (e si che di professori, pastori e ex moderatori ne conoscevo parecchi; me l'ha detto poi, incontrandomi per strada, un membro di una chiesa che mi chiamava molto spesso); alla fine ho mandato io una mail all'Unione Predicatori Locali per chiedere di essere cancellato dai loro elenchi.

Comunque è un mondo piccolo e che conosco bene. Così sono solito seguire online i lavori sinodali, i loro siti Internet e le loro riviste ed agenzie.

Domenica inizia il Sinodo. Sono previste tre consacrazioni al pastorato. I tre candidati si sono presentati su Riforma Online. Il primo, anzi, la prima, si vanta dei suoi gender studies. 
Ad una delle serate pubbliche partecipano le ONG Open Arms e Sea Watch.

Il che la dice lunga sul fatto che (chiunque sia il nuovo moderatore, quest'anno si cambia) le chiese valdometodiste continueranno sulla strada rispettivamente dell'apostasia da una fede biblica e del porsi come cappellane del progressismo e del politicamente corretto.

Chi crede, preghi per loro.


mercoledì 21 agosto 2019

Passato e presente, di G. De Turris



Come si fanno a conciliare mentalità, interessi, passioni rivolte alle tradizioni del passato, con il nostro vivere in una realtà come la presente, in cui dominano la scienza e la tecnologia, ovverosia la tecnoscienza? Come si fa ad essere allo stesso tempo spiritualmente altrove e materialmente qui e ora? Un bel dilemma, che se non si risolve rischia di farci diventare schizofrenici. Come si fa a vivere in un mondo di macchine, conservando la propria umanità? Come si fa a vivere in un mondo di consumi anche inutili, senza diventarne succubi? Come si fa a vivere in un mondo tutto sommato falso, cercando di restare veri?

Non sono problemi solo di oggi questi: sotto altre forme le stesse domande sono già state poste nei secoli precedenti. All’ inizio del Terzo Millennio, però, le cose hanno assunto una veste diversa, si potrebbe dire più subdola e insinuante, proprio a causa dello strapotere, dell’invadenza, della scienza e della tecnologia, nella nostra vita privata e privatissima, quotidiana.

Chi non possiede un cellulare? Chi non possiede un computer? Chi non ha in casa uno o più televisori? Chi non ha una o più automobili, uno o più scooter? A partire dagli anni Novanta del Novecento in Italia si è avuta una vera e propria rivoluzione digitale, elettronica, informatica, che ha modificato i nostri costumi, una rivoluzione accettata acriticamente dal punto di vista delle conseguenze personali e psicologiche. (..)
La tecnologia ha prodotto miglioramenti pratici indubbi, dobbiamo dunque rifiutarli? No, anche perché è praticamente impossibile. 
La tecnologia è il nostro ineluttabile destino. Una “gabbia di ferro”( per usare una espressione di Max Weber) che ci ha chiusi al suo interno: è necessario allora saperci convivere dentro, trovare una soluzione psicologicamente e spiritualmente accettabile, anche perché, come ha scritto un famoso mitologo, Joseph Campell, “la tecnologia non ci potrà salvare”. 
Ovviamente si riferisce a una salvezza tutta interiore. Bisogna allora distinguere due piani: l’esterno e l’interiore. “E’ amante delle fiabe chi non si fa schiavo delle cose presenti”, diceva J.R.R Tolkien, l’autore del Signore Degli Anelli. 
Questa sua sintesi di vita può applicarsi anche al nostro rapporto con la tecnologia giunta ad un livello pervasivo: la si può usare in modo smodato, se ne può far uso in maniera disincantata, considerandola solo un miglioramento di quanto si utilizzava in precedenza: il computer come una macchina da scrivere più efficiente, che ti permette di correggere i testi senza ricorrere alle cancellature a penna o con il bianchetto... non come un nuovo moloch cui sacrificare la vita, non come un nuovo totem da adorare, non come un qualcosa di condizionante nella prassi e nella mentalità. E lo stesso vale per l’automobile, altro strumento che ha profondamente modificato la vita dell’Occidente nell’ultimo secolo: una divinità che, come è stato scritto, richiede quasi dei sacrifici umani quotidiani. Di cui ormai non si può fare a meno, ma che ha cambiato la struttura delle città e il nostro modo di osservare il mondo. 

Non farsi schiavi delle cose presenti: psicologicamente e spiritualmente. Non chiudersi in un irrealistico passato pre-industriale, ma usarle e non esserne usati. Essere capaci, anche e quando necessario, di farne a meno. Ma senza alcun ridicolo fondamentalismo luddista, perché chi ha una mentalità antimoderna, ama le tradizioni del passato, è tale non tanto esteriormente quanto interiormente, e non ha nemmeno il bisogno di dimostrarlo in maniera plateale e quindi tutto sommato moderna..

Un certo anticonformismo salutista, ambientalista, antitecnologico oggi di moda è infatti solo questo: una moda, una posa, un atteggiamento, un trend come si dice, del tutto plateale ed esteriore. Che sa tanto, ma tanto di conformismo. Senza profondità culturale, dottrinale, spirituale e, oseremmo aggiungere, tradizionale.

G.De Turris




martedì 20 agosto 2019

Con tutto ciò non si calma la sua ira e ancora la sua mano rimane stesa.

Con tutto ciò non si calma la sua ira e ancora la sua mano rimane stesa.

E' una specie di ritornello della prima lettura dell'Ufficio delle Letture, tratta dal capitolo 9 del libro del profeta Isaia. Da tremare... Per la sua attualità: "nessuno ha pietà del proprio fratello. Dilania a destra, ma è ancora affamato, mangia a sinistra, ma senza saziarsi; ognuno mangia la carne del suo vicino.".




Il popolo non è tornato a chi lo percuoteva;
non ha ricercato il Signore degli eserciti.
Pertanto il Signore ha amputato
a Israele capo e coda,
palma e giunco in un giorno.

L'anziano e i notabili sono il capo,
il profeta, maestro di menzogna, è la coda.
Le guide di questo popolo lo hanno fuorviato
e i guidati si sono perduti.
Perciò il Signore non avrà pietà dei suoi
giovani, non si impietosirà degli orfani e delle vedove,
perché tutti sono empi e perversi;
ogni bocca proferisce parole stolte.

Con tutto ciò non si calma la sua ira
e ancora la sua mano rimane stesa.

Brucia l'iniquità come fuoco
che divora rovi e pruni,
divampa nel folto della selva,
da dove si sollevano colonne di fumo.

Per l'ira del Signore brucia la terra
e il popolo è come un'esca per il fuoco;
nessuno ha pietà del proprio fratello.

Dilania a destra, ma è ancora affamato,
mangia a sinistra, ma senza saziarsi;
ognuno mangia la carne del suo vicino.
Manàsse contro Èfraim
ed Èfraim contro Manàsse,
tutti e due insieme contro Giuda.

Con tutto ciò non si calma la sua ira
e ancora la sua mano rimane stesa.

Guai a coloro che fanno decreti iniqui
e scrivono in fretta sentenze oppressive,
per negare la giustizia ai miseri
e per frodare del diritto i poveri del mio popolo,
per fare delle vedove la loro preda
e per spogliare gli orfani.

Ma che farete nel giorno del castigo,
quando da lontano sopraggiungerà la rovina?
A chi ricorrerete per protezione?
Dove lascerete la vostra ricchezza?
Non vi resterà che piegarvi tra i prigionieri
o cadere tra i morti.

Con tutto ciò non si calma la sua ira
e ancora la sua mano rimane stesa.



Preghiamo il Signore perchè abbia misericordia di noi e del nostro peccato. Amen.

Cammelli e camalli, ovvero delle nostre "ricchezze"

«In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».

(Matteo 19:23-24)

Con buona pace dei patiti dello spezzettamento del testo biblico, di chi discute di cammelli e di camalli, la parola di Gesù è chiarissima. E' difficilissimo che chi ha nel cuore questa o quella ricchezza di questo mondo (dal denaro, a questa o quella passione, ecc..) riesca ad entrare nel regno dei cieli.

Non certo perchè il Padre sia cattivo! Anzi, il Padre è un Padre misericordioso, ma perchè il nostro peccato ci fa fare lo stesso movimento del giovane ricco del Vangelo... ci allontaniamo, perchè abbiamo molti beni. Abbiamo molti beni, o anche pochi, ma comunque beni di cui non riusciamo a fare a meno, neppure per Dio.

Sappiamo, in teoria, che Dio ci ha creati, che Dio ci ama, che Dio vuole solo e soltanto il nostro bene, ma il nostro peccato, come dice Paolo, è così grande che finiamo spesso con il fare quello che apparentemente non vogliamo.

E siamo così bravi a giustificarci... magari uno con l'altro.

Accresci, Signore, la nostra fede.

Amen.


domenica 18 agosto 2019

Un altro Vangelo? Sia anatema!

Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. 

7 Però non ce n'è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 

8 Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema!  

9  L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 

10 Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!

(Galati 1)

Sia anatema! Credo che la Chiesa sia guidata dallo Spirito Santo, e prego perchè quel discutibilissimo documento preparatorio sul tema della fede in Amazzonia sia completamente sconfessato dai lavori effettivi del Sinodo.

Ma se questi sono i presupposti, c'è poco da sperare e tanto, tantissimo da pregare!


sabato 17 agosto 2019

Voi siete il sale della terra e la luce del mondo

Per la nostra meditazione l'Ufficio delle Letture ci propone questo testo di Giovanni Crisostomo, Padre della Chiesa di Cristo, indivisa. Che ci richiama alla missione che ci è affidata. Si, anche a me che a volte mi sento come un rifiuto...

«Voi siete il sale della terra» (Mt 5, 13). 

Vi viene affidato il ministero della parola, dice il Cristo, non per voi, ma per il mondo intero. 

Non vi mando a due, o dieci, o venti città o a un popolo in particolare, come al tempo dei profeti, ma vi invio alla terra, al mare, al mondo intero, a questo mondo così corrotto. Dicendo infatti: «Voi siete il sale della terra», fa capire che l'uomo è snaturato e corrotto dai peccati. Per questo esige dai suoi quelle virtù che sono maggiormente necessarie e utili per salvare gli altri. Un uomo mite, umile, misericordioso e giusto non tiene nascoste in sé simili virtù, ma fa sì che queste ottime sorgenti scaturiscano a vantaggio degli altri. E chi ha un cuore puro, amante della pace e soffre per la verità, dedica la sua vita per il bene di tutti.

Non crediate, sembra dire, di essere chiamati a piccole lotte e a compiere imprese da poco. 

No. Voi siete «il sale della terra». A che cosa li portò questa prerogativa? Forse a risanare ciò che era diventato marcio? No, certo. Il sale non salva ciò che è putrefatto. Gli apostoli non hanno fatto questo. Ma prima Dio rinnovava i cuori e li liberava dalla corruzione, poi li affidava agli apostoli, allora essi diventavano veramente «il sale della terra» mantenendo e conservando gli uomini nella nuova vita ricevuta dal Signore. 

È opera di Cristo liberare gli uomini dalla corruzione del peccato, ma impedire di ricadere nel precedente stato di miseria spetta alla sollecitudine e agli sforzi degli apostoli.

Vedete poi come egli mostra che essi sono migliori dei profeti. Non dice che sono maestri della sola Palestina, ma di tutto il mondo. Non stupitevi, quindi, sembra continuare Gesù, se la mia attenzione si fissa di preferenza su di voi e se vi chiamo ad affrontare difficoltà così gravi. Considerate quali e quante sono le città, i popoli e le genti a cui sto per inviarvi. Perciò voglio che non vi limitiate a essere santi per voi stessi, ma che facciate gli altri simili a voi. Senza di ciò non basterete neppure a voi stessi.

Agli altri, che sono nell'errore, sarà possibile la conversione per mezzo vostro; ma se cadrete voi, trascinerete anche gli altri nella rovina. 

Quanto più importanti sono gli incarichi che vi sono stati affidati, tanto maggior impegno vi occorre. Per questo Gesù afferma: «Ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Mt 5, 13). Perché poi, udendo la frase: «Quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi» (Mt 5, 11), non temano di farsi avanti, sembra voler dire: Se non sarete pronti alle prove, invano io vi ho scelti. Così verranno le maledizioni a testimonianza della vostra debolezza. Se, infatti, per timore dei maltrattamenti, non mostrerete tutto quell'ardimento che vi si addice, subirete cose ben peggiori, avrete cattiva fama e sarete a tutti oggetto di scherno. Questo vuol dire essere calpestati.

Subito dopo passa ad un'altra analogia più elevata: 

«Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 14). 

Nuovamente dice del mondo, non di un solo popolo o di venti città, ma dell'universo intero: luce intelligibile, più splendente dei raggi del sole. 

Parla prima del sale e poi della luce, per mostrare il vantaggio di una parola ricca di mordente e di una dottrina elevata e luminosa. 

«Non può restar nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio» (Mt 5, 14-15). Con queste parole li stimola ancora una volta a vigilare sulla propria condotta, ricordando loro che sono esposti agli occhi di tutti gli uomini e che si muovono dinanzi allo sguardo di tutta la terra.



Questo è il giorno fatto dal Signore

Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, *
    perché sei stato la mia salvezza.

La pietra scartata dai costruttori *
    è divenuta testata d'angolo;
ecco l'opera del Signore: *
    una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno fatto dal Signore: *
    rallegriamoci ed esultiamo in esso.

(dal primo salmo delle Lodi del Mattino)

Questo è il giorno fatto dal Signore. Il giorno in cui per prima cosa lodiamo Dio e ne riconosciamo la signoria assoluta sulla nostra vita. Se non è così per noi, se è un giorno come un altro, in cui facciamo le stesse cose, con lo stesso spirito di sempre, forse è ora di interrogarsi sulla qualità della nostra fede, del nostro dirci cristiani. 

Preghiamo il Signore perchè accresca la nostra fede! Ma anche impegniamoci concretamente per essa, cambiando vita, cambiando parole, cambiando quelle che ora sono le nostre priorità. 

Padre Jacques Hamel, sacerdote e martire

Apriamo con fiducia il nostro cuore al Dio della potenza e della misericordia, che ci ama e conosce le nostre necessità. A lui rivolgiamo la nostra lode e la nostra preghiera:
        
Noi ti glorifichiamo, Signore, e confidiamo in te.

Benedetto sii tu, re dell'universo,
che ci hai tratto dalle tenebre dell'errore e del peccato alla splendida luce del tuo regno,
- e ci hai chiamati a servirti nella santa Chiesa.

Tu che ci hai aperto le braccia della tua misericordia,
- non permettere che deviamo mai dal sentiero della vita.

Concedici di trascorrere in letizia questo giorno,
- in cui celebriamo la risurrezione del tuo Figlio.

Dona ai tuoi fedeli, lo spirito di orazione e di lode,

- perché tutta la nostra vita sia un rendimento di grazie a te.

Essere cristiano è imitare Cristo, non essere buono

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
(Luca 12:49-53)

Il Vangelo di domani, Domenica XX del Tempo Ordinario, fa giustizia di tutti i buonismi oggi dominanti anche in molte chiese. Essere cristiano è essere vero, anche se questo ti costa la separazione dagli affetti umani e civili che hai più cari. Perchè Cristo è sopra, è prima di tutto. Perchè la Croce va portata da ciascuno di noi ogni giorno. Leggera o pesante che sia, ognuno conosce la propria.

La Verità del Cristo è la sola vera Carità. La prima carità che possiamo fare al nostro prossimo è dir loro la Verità, così come la Scrittura ce la dimostra. Le forme possono cambiare ma la Verità non cambia. Non si incultura, non si adatta, non si aggiorna la Verità!

Cristo è il Verbo Incarnato. La Scrittura incarnata. La Parola di Dio fatta persona. Tutta la Parola di Dio, non solo le parti che più ci piacciono. Antico e Nuovo Testamento, neppure uno iota perisce dei comandi di Dio. Cambiano le forme di osservanza di alcuni di questi comandi, ma non uccidere, rimane non uccidere. Non commettere adulterio rimane non commettere adulterio. Non dire falsa testimonianza significa che non devi dare falsa testimonianza.

Molti cristiani, molti predicatori, persino molti (falsi) pastori dicono che questo parlare è duro, che se annunci così le chiese si svuotano. Ma sono falsi pastori, quelli che si preoccupano di riempire delle chiese di pietra, senza preoccuparsi della fede, vera, falsa o di comodo dei credenti o sedicenti tali che ci sono dentro.

Il fuoco fa paura, certo, così come il battesimo, l'immersione completa nell'acqua, l'annegamento che questo simbolizza. Ma Gesù ci dice che è con noi, perchè, nonostante il nostro peccato, abbiamo la forza di domare il fuoco, e di ammansire l'acqua.

Una volta una persona mi ha detto che uno il coraggio non se lo può dare. E' vero, ma, io ho Cristo con me, è Lui che soffre, lotta, muore, risorge. Ed io con Lui, se credo. Amen. 




martedì 13 agosto 2019

Per la conversione delle chiese e degli ecclesiastici, e di ciascuno di noi, dall'indifferentismo alla vera fede, preghiamo

Sono pieno di gioia, fratello carissimo, per l’ardente zelo che ti spinge a promuovere la gloria di Dio. Nei nostri tempi, constatiamo, non senza tristezza, il propagarsi dell’«indifferentismo». Una malattia quasi epidemica che si va diffondendo in varie forme non solo nella generalità dei fedeli, ma anche tra i membri degli istituti religiosi. Dio è degno di gloria infinita. La nostra prima e principale preoccupazione deve essere quella di dargli lode nella misura delle nostre deboli forze, consapevoli di non poterlo glorificare quanto egli merita.

Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz
Ufficio delle Letture
Considera, fratello, quanto è grande, per la misericordia di Dio, la dignità della nostra condizione. Attraverso la via dell’obbedienza noi superiamo i limiti della nostra piccolezza, e ci conformiamo alla volontà divina che ci guida ad agire rettamente con la sua infinita sapienza e prudenza. Aderendo a questa divina volontà a cui nessuna creatura può resistere, diventiamo più forti di tutti.
Questo è il sentiero della sapienza e della prudenza, l’unica via nella quale possiamo rendere a Dio la massima gloria. 

Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz
Ufficio delle Letture
Il sentiero della sapienza e della prudenza, ovvero il sentiero antico della piena ed assoluta obbedienza alla Parola di Dio. Gesù era assolutamente sottomesso, dice Kolbe. Che questo ci sia di monito, sia di monito a chi predica altri evangelizzatori di falsità, ai tiepidi: saranno vomitati dalla bocca di Dio.

Se esistesse una via diversa e più adatta, il Cristo l'avrebbe certamente manifestata con la parola e con l'esempio. Il lungo periodo della vita nascosta di Nazareth è compendiato dalla Scrittura con queste parole: «e stava loro sottomesso» (Lc 2, 51). Tutto il resto della sua vita è posto sotto il segno dell'obbedienza, mostrando frequentemente che il Figlio di Dio è disceso sulla terra per compiere la volontà del Padre.
 Amiamo dunque, fratelli, con tutte le forze il Padre celeste pieno di amore per noi; e la prova della nostra perfetta carità sia l'obbedienza, da esercitare soprattutto quando ci chiede di sacrificare la nostra volontà. Infatti non conosciamo altro libro più sublime che Gesù Cristo crocifisso, per progredire nell'amore di Dio.
Tutte queste cose le otterremo più facilmente per l'intercessione della Vergine Immacolata che Dio, nella sua bontà, ha fatto dispensatrice della sua misericordia. Nessun dubbio che la volontà di Maria è la stessa volontà di Dio. Consacrandoci a lei, diventiamo nelle sue mani strumenti della divina misericordia, come lei lo è stato nelle mani di Dio.
Lasciamoci dunque guidare da lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e sicuri sotto la sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e allontanando ogni angustia e difficoltà verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali e spirituali.

Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz
Ufficio delle Letture 






Per i tuoi martiri

Per i tuoi martiri, che abbracciarono la morte a testimonianza della fede,
- donaci la vera libertà di spirito.

Per i tuoi martiri, che confessarono la fede sino all'effusione del sangue,
- da' a noi una fede pura e coerente.

Per i tuoi martiri, che seguirono le tue orme sul cammino della croce,
- fa' che sosteniamo con fortezza le prove della vita.

Per i tuoi martiri, che lavarono le vesti nel sangue dell'Agnello,
- donaci di vincere le seduzioni della carne e del mondo.

Lodi Mattutine
Nel ricordo di Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz.


domenica 11 agosto 2019

Essere liberati dagli affanni

Essere liberati dagli affanni. A chi non piacerebbe. Ma le chiese si sono lasciate talmente corrompere dai pensieri di questo mondo, e di chi lo comanda, da perdere di vista il fatto che per essere liberati dagli affanni di questo mondo, noi siamo chiamati a conformarci a Cristo.

Cristo ha vinto la morte, ha preso su di sè il nostro peccato, perchè fossimo salvati dalla morte eterna, dall'eterna dannazione. Ma questo non significa che da quel momento siamo esenti dal nostro peccato personale, siamo esenti dal dover portare la croce, siamo esenti dal martirio.

La chiesa di Cristo non è chiamata, come tanti, troppi oggi sembrano pensare, a costruire la società perfetta, ma a costruire una società di credenti in Cristo che non hanno paura di testimoniarlo, costi quel che costi, di fronte alle persecuzioni del mondo.

Una chiesa che sia onorata e portata ad esempio dal mondo e dai suoi potenti è una chiesa di cui diffidare, da lasciare lontana dalla nostra vita. Una chiesa stimata dal mondo non testimonia Cristo.

Dal «Trattato sull'incarnazione del Signore» di Teodoreto, vescovo di Ciro
(Nn. 26-27; PG 75, 1466-1467)
Li libererò dai loro affanni

Gesù corre spontaneamente incontro a quelle sofferenze che erano state predette a suo riguardo; egli le aveva spesso preannunziate ai suoi discepoli, anzi aveva anche rimproverato Pietro che non ne accoglieva volentieri l'annunzio, e dimostrato che la salvezza del mondo si doveva realizzare per mezzo di esse. Per questo offrì se stesso a coloro che venivano a prenderlo: Sono io colui che cercate (cfr. Gv 18, 5).
Egli, accusato, non rispose e, potendo nascondersi, non volle farlo, benché più volte, in altre circostanze, si fosse allontanato quando gli tendevano agguati. Inoltre pianse su Gerusalemme, che con la sua incredulità gli procurava la morte, e condannò alla totale distruzione il tempio, pur così celebre. Sopportò di essere percosso sul capo da un uomo doppiamente servile. Fu schiaffeggiato, sputacchiato, vituperato, torturato, flagellato, ed infine messo in croce. Accettò come compagni di supplizio dei ladroni dall'uno e dall'altro lato, e fu considerato alla pari degli omicidi e degli scellerati. Ricevette l'aceto e il fiele da una vite maligna, e venne coronato di spine invece che di tralci di vite e di grappoli d'uva. Rivestito con un drappo di porpora, divenne re da burla, e fu percosso con una canna. Il suo costato fu perforato dalla lancia. Infine fu messo nel sepolcro.
Tutto questo volle patire per la nostra salvezza.


lunedì 5 agosto 2019

6 agosto, Trasfigurazione del Signore Gesù: la morte e insieme la gloria del Cristo

Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. 8 In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; 9 perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, 10 portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. 

(2 Corinti 4:7-10)

Il mistero della sua Trasfigurazione Gesù lo manifestò ai suoi discepoli sul monte Tabor. Egli aveva parlato loro del regno di Dio e della sua seconda venuta nella gloria. Ma ciò forse non aveva avuto per loro una sufficiente forza di persuasione. E allora il Signore, per rendere la loro fede ferma e profonda e perché, attraverso i fatti presenti, arrivassero alla certezza degli eventi futuri, volle mostrare il fulgore della sua divinità e così offrire loro un'immagine prefigurativa del regno dei cieli. E proprio perché la distanza di quelle realtà a venire non fosse motivo di una fede più languida, li preavvertì dicendo: Vi sono alcuni fra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nella gloria del Padre suo (cfr. Mt 16, 28).

L'evangelista, per parte sua, allo scopo di provare che Cristo poteva tutto ciò che voleva, aggiunse: «Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E là fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17, 1-3).

Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo.

(dal Discorso sulla Trasfigurazione di Anastasio Sinaita, Vescovo)

Non dobbiamo temere. Dio si serve dei nostri vasi di creta, rinsaldati dalla fede nel Signore Gesù. Una fede che mette insieme, deve mettere insieme per essere efficace, l'accettazione della morte del Cristo, per poter aver parte alla Sua gloria.

Accresci la nostra fede!



Amen, Alleluia!

6 agosto, Trasfigurazione del Signore Gesù: annunziamo apertamente la Verità

Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.

Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo; al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio.

E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono, ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio. Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre (Gn 1, 3), rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.

2 Corinti 3:17-4:6


domenica 4 agosto 2019

La Corona

Quando ero bambino, la vedevo in mano a mia mamma Graziella, a mia zia Sara, a tante persone, quasi tutte di sesso femminile, che frequentavano le stesse chiese che frequentavamo noi. E mi univo volentieri a loro, almeno fino ai dieci, undici anni.

Mi ero fatto regalare due corone, una con i grani rossi e che profumano di rosa (ancora la possiedo anche se la uso raramente, perchè ho paura si rompa...) ed una che all'epoca mi sembrava incredibilmente tecnologica!!! Di plastica, bianca, ma con i grani fosforescenti.

L'avevo appesa nella stanza dove dormivo, nel soggiorno. Appesa ad un braccio di un crocifisso di legno opera di un artigiano del paese di mio padre, Raggiolo, in Alto Casentino. Un crocifisso stilizzato, molto particolare.

Il posto giusto direi. Maria rimane ai piedi della Croce, e la mia corona del rosario, che nel mondo cattolico è la preghiera mariana per eccellenza, scivolava lungo il braccio affusolato del crocifisso cosicchè la crociera centrale con l'immagine della Madre, finiva esattamente ai piedi del Figlio.

Riflessioni fatte dopo, queste, perchè a Luca bambino quello sembrava il posto giusto e basta. E perchè, se per caso facevo un brutto sogno o avevo un incubo, mi bastava guardare alla luce della corona, in particolare alla Croce terminale, per tranquillizzarmi.


Quando mia figlia Sara scherza sul mio essere tuttora un prete, allude di solito al numero delle mie Bibbie. Dice che sono un padre con la casa piena di Bibbie. Ed ha ragione. Ne avrò a casa una settantina di copie, cattoliche, riformate, ortodosse, in italiano, latino, greco, ebraico, inglese, spagnolo, ecc...

Ma per numero alle Bibbie seguono le corone di preghiera. Quasi tutti rosari cattolici, completi, in decine, in bracciale, da dito, da scout... ma ho anche un komboskini ortodosso, uno o due mala induisti o buddisti ed un tasbeeh, proprio della religione islamica. Non sono ancora riuscito a procurarmi un rosario anglicano, ma prima o poi...

La preghiera della corona del Rosario l'ho sempre trovata bella a partire dal nome.

Rosario, evoca le rose, il loro profumo, il nostro dovere di essere profumo di Cristo nel mondo.
Rosario evoca le rose, le loro meravigliose infiorescenti ma anche le loro spine pungenti. E questo rimanda alla bellezza infinita del Cristo, del Suo Amore, del Suo sacrificio, ma anche al dolore intenso, profondo, che ti punge il più profondo dell'animo, della Sua Passione.

E come non c'è una rosa senza spine, non c'è modo alcuno di godere della gloria del Signore, senza passare per la Passione. Senza accogliere la Croce, non c'è possibilità alcuna di giungere a Dio.

La vita di Maria, Sua madre, ce lo dice. Una obbedienza piena e completa alla Parola di Dio, un serbare e meditare ogni cosa nel suo cuore, un'accettare tutto dal Figlio, il rimanere fino in fondo sotto la Croce del Figlio di Dio, che pure lei aveva portato nove mesi nel suo grembo.

Un vero mistero quello di Maria, e non mi sono mai meravigliato che questo mistero in parte divida i cristiani. Come accettarlo, in che misura, chi è veramente Maria...

Io sono rimasto con la mia fede di bimbo, quella che mi hanno insegnato mia mamma e mia zia. Maria è la Madre di Dio. Maria è la Beata che ha creduto contro ogni speranza umana, come Abramo, come Mosè, ma anche meglio di loro. Maria è l'addolorata sotto la Croce, ma è anche la presenza a Pentecoste, con i Dodici, nel Cenacolo.

Tutti i misteri a volte ci dividono, anche tra credenti. Ma credo sia normale. Se tutto fosse chiaro e limpido, cosa ci costerebbe il credere, la fede? Invece dobbiamo sforzarci, dobbiamo lottare, dobbiamo combattere ogni giorno contro il maligno, contro gli spiriti del mondo, contro il nostro stesso peccato.

Un peccato che, forse mai come oggi, si nutre delle nostre mille distrazioni (mentre scrivo non so quante volte avrà vibrato il mio smartphone, e a volte ho ceduto e mi sono interrotto dallo scrivere).

Sembra una preghiera semplice il rosario. Una ripetizione sempre delle stesse preghiere. Ma è proprio questo che la rende una preghiera la più attuale possibile. Perchè se non riesci a concentrarti su quella semplice preghiera, se non riesci ad essere fedele in quelle ripetizioni, se ti sfugge persino su quale mistero della vita di Gesù hai iniziato a meditare, come mai potrai affrontare le sfide più grandi della vita cristiana?

Ho conosciuto e conosco tanta gente che dice che pregare la Corona è da vecchiette, da povera gente, da sempliciotti... Ma conosco anche Uno che ha detto che quelle vecchiette, quelle vedove, quei piccoli, quei poveri sempliciotti passeranno avanti a tanti, nel Regno dei Cieli.

Un inciso: conosco anche qualche uomo, non solo preti, che il rosario lo pregano con fedeltà e la massima attenta devozione. Uno per tutti, il mio amico Sandro Barchetta, carabiniere di Montemonaco. Un esempio a riguardo, anche mia mamma Graziella lo ammirava per questo.

Finisco questo breve scritto pensando a lui, che forse a quest'ora sta recitando proprio il rosario, nel ricordo della amata moglie Maria.

Amen.

venerdì 2 agosto 2019

La chiesa di San Benedetto a Montemonaco

La foto dietro il titolo del blog l'ho scattata io e raffigura la chiesa di San Benedetto a Montemonaco, dove ho servito per un po' di tempo e dove ho svolto l'unica esperienza da parroco "pro tempore" nella Settimana Santa e nei tre mesi estivi del 1993 (era morto all'improvviso il fratello Angelo Albertini, parroco).



Una chiesa ed un paese feriti dal terremoto 2016 ma che si vanno risollevando. La chiesa è stata riaperta da poco tempo.



Ho tanti fratelli lì, ed in quel paese, nella Valle dell'Ambro, riposa mia mamma Maria Grazia, Graziella per quasi tutti...


Un piccolo spazio

Apro questo piccolo spazio, per quando ho voglia di mettere per iscritto le mie meditazioni e la mia preghiera.



"Ora Et Labora", lo chiamo, perchè sono solito vivere, pregare e lavorare ispirandomi alla Regola di San Benedetto. Da tanti, tanti anni ormai (per chi non mi conosce sono nato nel 1963). Da quando l'ho conosciuta ed ho imparata ad amarla, la Regola, mentre ero prima alunno e poi prete formatore al Pontificio Seminario Romano Maggiore, quindi dal 1988 più o meno.

Da tre anni prego con lo schema B della Liturgia Monastica.

Cristificazione

 Occorre "cristificarsi", diceva Giacomo Alberione. Cosa significa "cristificarsi"?  Non certo, io credo, semplicemente ...