martedì 29 ottobre 2019

Eucaristia quotidiana, la creazione che soffre

Nella prima lettura del giorno, scrive Paolo ai Romani (cap. 8):

19 La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; 20 essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l`ha sottomessa - e nutre la speranza 21 di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22 Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; 23 essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l`adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

La Creazione soffre, come soffre il nostro intimo. Siamo tutti nella corruzione, siamo tutti peccatori, siamo tutti limitati nel tempo e nello spazio. Nessuno di noi, per quanto si sforzi, può aggiungere un solo istante alla sua vita terrena. La vita è di Dio, ed è Lui e soltanto Lui che decide quando e come questa debba finire. Come noi, così ogni altro elemento della Creazione. Terremoti, maremoti, eruzioni, uragani, venti, fine di una specie, apparizione di un' altra.... tutti fenomeni che ce lo rivelano.

Noi non siamo i creatori del mondo, Uno solo è il Creatore, siamo solo esseri posti nel mondo e chiamati ad usarlo nel modo migliore e più rispettoso, chiamati ad amare e ad usare le risorse che sono in esso nel rispetto delle finalità che il Creatore ha posto in esse, per quanto la nostra finitezza e il nostro peccato ci rendano capaci di scoprirle.

Il Salmo Responsoriale (Salmi 125) ci richiama al fatto che tutte le nostre aspettative, a qualsiasi riguardo, devono essere rivolte al Signore, che fa le piccole cose come le grandi. Che ha fatto la cosa più grande di tutte venendo a morire per la nostra salvezza.

E il Vangelo (Lc 13,18-21) ci chiarifica il tutto. O almeno dovrebbe. Siamo chiamati a comportarci come fa un seme, che si lascia sotterrare ed accetta di morire a sè stesso per far crescere l'albero di senape, o come il lievito, che si dissolve nella farina per far lievitare la pasta.

Noi non siamo l'albero, nè siamo il pane! Siamo il granello o il lievito! Che fanno o almeno cercano di fare quello che fece il Signore Gesù, morendo sulla Croce, perchè noi potessimo avere la vita eterna nel Regno dei cieli.

Credo che uno dei problemi delle chiese e dei credenti di oggi è che non si sentono granello, seme, o pugno di lievito, ma si sentono grandi, credono di essere loro l'albero che dà ombra e riparo agli uccelli, o il pane che sfama ogni uomo. Quello invece è solo Dio, solo Lui, solo in Lui c'è salvezza.

Parafrasando Paolo in 1Corinti, noi possiamo anche immolarci, bruciare il nostro stesso corpo per la Creazione, ma se lo facciamo, invece che sull'esempio di Dio, credendoci Dio, illudendoci di sostituirlo in tutto o in parte, la cosa non ci varrà nulla.

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità non è l'essere buoni! Nessuno è buono se non Dio solo. La carità è conformarsi al Cristo Crocifisso.

Amen.



lunedì 28 ottobre 2019

Lo zelo per la tua casa mi divora, ovvero, adirarsi può essere cosa buona e giusta

6 Dio, tu conosci la mia stoltezza 
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7 Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,Signore, Dio degli eserciti; per me non si vergogni chi ti cerca, Dio d`Israele.

8 Per te io sopporto l`insulto 
e la vergogna mi copre la faccia;
9 sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.
10 Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.

Salmo 68:6-10

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.
15 Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato".
17 I discepoli si ricordarono che sta scritto:
Lo zelo per la tua casa mi divora.
 

Vangelo di Giovanni 2:13-17

“Chi si adira senza ragione è colpevole; ma non chi si adira con ragione. Infatti senza l’ira l’insegnamento non riesce, la giustizia non si pronunzia, e i delitti non vengono repressi” ...
...“è cosa lodevole essere pazienti nelle ingiurie fatte a noi: ma sopportare con troppa pazienza le ingiurie fatte a Dio è cosa empia

San Giovanni Crisostomo


Eucaristia celebrata

Voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo,
21 conservatevi nell`amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.
22 Convincete quelli che sono vacillanti,
23 altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore,
guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.

Gloria a Cristo
24 A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia,
25 all`unico Dio, nostro salvatore,
per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore,
gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre.
Amen!

(Giuda 1)


La preghiera, condizione essenziale

Quando il peccatore non vuol trarsi dal pantano della vita perversa, allora manca la condizione essenziale alla preghiera.

Per essere efficace, una preghiera deve esprimere uno schietto desiderio di redenzione, senza né riserve né condizioni.

L’uomo che, dopo aver pregato di esser liberato dalla lussuria e poi vi si abbandona deliberatamente, distrugge con la sua riserva l’efficacia della sua preghiera.

Tutte le preghiere implicano un atto di volontà, un desiderio di sviluppo, una disposizione al sacrificio; perché la preghiera è un’attivissima collaborazione tra l’anima e Dio.

(Beato Fulton J. Sheen, da "La Felicità del Cuore")


domenica 27 ottobre 2019

Abbiamo bisogno di Cristo!

Se Egli è quello che afferma di essere, cioè un Salvatore, un Redentore, abbiamo allora un Cristo virile, un condottiero degno di esser seguito in questi tempi terribili; Colui che agevolmente farà breccia nella morte, distruggendo il peccato, la tristezza e la disperazione; un Capo cui possiamo far totale sacrificio di noi stessi senza peraltro perdere la libertà, sebbene conquistandola, e che possiamo amare sino al giorno della nostra morte.

Oggi abbiamo bisogno di un Cristo che, composto con funi un flagello, scacci dai nostri nuovi templi coloro che lì attendono a comprare e a vendere; di un Cristo che biasimi gli alberi di fichi sterili; di un Cristo che parli di croci e di sacrifici e la cui voce somigli alla voce del mare in tempesta, e che, tuttavia, non ci permetta di piluccare e scegliere fra le Sue parole, scartandone le difficili e accettando soltanto quelle che compiacciono alla nostra fantasia.

Abbiamo bisogno di un Cristo che ristabilisca lo sdegno morale, che ci induca a odiare ardentemente il male e ad amare il bene al punto da poter bere la morte come l’acqua.

(Beato Fulton J. Sheen, da "La Vita di Cristo")


venerdì 25 ottobre 2019

Guai a chi si prostra ad altro od altri che non sia il Signore!

«Io sono il primo», cioè senza principio; «io sono l'ultimo», perché senza fine. «Non ci fu prima il corpo spirituale», dice l'Apostolo, «ma quello animale, e poi lo spirituale» (1 Cor 15, 46).

Certo la terra viene prima del frutto, ma la terra non è tanto preziosa quanto il frutto.

Quella richiede lamenti e fatiche, questo dà alimento e vita. Giustamente il profeta si gloria di tal frutto, dicendo: La nostra terra ha dato il suo frutto (cfr. Sal 84, 13). Quale frutto? Evidentemente quello di cui dice altrove: «Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono» (Sal 131, 11).

«Il primo uomo, tratto dalla terra, dice l'Apostolo, è di terra; il secondo uomo, invece, che viene dal cielo, è celeste». E continua: «Quale è l'uomo fatto di terra così sono quelli di terra, ma quale il celeste, così anche i celesti» (1 Cor 15, 47-48). Come mai coloro che non sono nati tali potranno essere trovati celesti, non rimanendo cioè quello che erano quando nacquero, ma continuando ad essere ciò che diventarono quando sono rinati? È questo, fratelli, il motivo per cui lo Spirito celeste con la sua luce divina rende fecondo il fonte verginale.

Quelli che la sorgente fangosa aveva messo al mondo nella povera condizione di terrestri, il nuovo fonte li partorisce celesti e li conduce alla somiglianza del loro divino autore. Perciò, ormai rigenerati, ormai riformati ad immagine del nostro creatore, compiamo ciò che comanda l'Apostolo: «Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste» (1 Cor 15, 49).

Rinati ormai a somiglianza di nostro Signore e adottati da Dio come figli, portiamola tutta l'immagine del nostro Autore, portiamola con totale somiglianza, non nella maestà che a lui solo compete, ma in quella innocenza, semplicità, mitezza, pazienza, umiltà, misericordia, pace, con cui si è degnato di diventare come noi ed essere a noi simile.

Dai «Discorsi» di san Pietro Crisòlogo, vescovo

Ufficio delle Letture
#OraEtLabora

Noi non adoriamo la terra, le pachamama o altri idoli. Noi adoriamo Dio e Dio solo. Non portiamo l'immagine della terra e del suo fango, ma di Dio e del Suo Figlio. Non siamo solo nati dalla terra, ma siamo stati rigenerati dallo Spirito.
Noi siamo adoratori di Dio in Spirito e Verità. Dio è Padre e Creatore, il Figlio è Via, Verità e Vita, lo Spirito è il Consolatore e l'Amore che ci spinge.

Guai a chi si prostra ad altro od altri che non sia il Signore!


martedì 22 ottobre 2019

Memoria di San Giovanni Paolo II

Dal Prefazio dei Pastori

Tu doni alla tua Chiesa
la gioia di celebrare 
la memoria di san Giovanni Paolo II,
con i suoi esempi la rafforzi,
con i suoi insegnamenti l’ammaestri,
con la sua intercessione la proteggi.


lunedì 21 ottobre 2019

Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!

Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!

Dall’Omelia per l’inizio del pontificato del santo Giovanni Paolo II, papa
(22 ottobre 1978: A.A.S. 70 [1978], pp. 945-947)

Pietro è venuto a Roma! Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genesareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui!

Secondo un’antica tradizione, durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: «Quo vadis, Domine?» (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: «Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta». Pietro tornò a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione.

Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergerci in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo.

Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi «un regno di sacerdoti».

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse in passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua «sacra potestà» in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione.

La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità.

Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: «O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi». 

Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! 

Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!

Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! 

Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa!

Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.


Nel Nome del Signore, per l'intercessione di Sua Madre Maria. Amen.





sabato 19 ottobre 2019

Il Rosario sulla Via della Croce

Sono costretto a casa per via della convalescenza dopo un piccolo intervento chirurgico. Oggi la chiesa cattolica fa memoria di Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti. Un santo che conosco bene anche perchè a lui è dedicata la parrocchia del quartiere di Corviale, qui vicino, dove per tanti anni è stato parroco il mio amico ed ex compagno di Seminario Romano, Giuseppe Redemagni, con cui ho spesso condiviso momenti di preghiera e di fraternità.

Scrive di Paolo della Croce Domenico Agasso: "E’ anche il tempo della fede sopportata da molti solo quale condimento di pii languori, motivo di ritualità elegante; una fede che non parli di sacrificio e nasconda la Croce. Allora lui comincia col chiamarsi “Frate Paolo della Croce”.
Poi fonda un “inopportuno” nuovo Ordine, detto dei “Chierici Scalzi della Santa Croce e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”. Apertamente. Sfacciatamente, sicché tutti capiscano che lui e i suoi predicano Cristo crocifisso come Paolo apostolo, qualunque cosa esiga o imponga lo “spirito dei tempi” e qualunque smorfia facciano gli abati di corte.".

Tempo di una fede che non deve parlare di sacrificio e nasconde la Croce... Vi ricorda qualcosa? A me si. Il tempo di oggi. Dei tanti che vedono la fede come una sorta di disciplina spirituale orientale, per star bene in pace con sè stessi, ma senza soffrire e senza sforzarsi troppo...

Continua Agasso: "Sono i primi Passionisti, che il fondatore educa come predicatori agguerriti: invece dei Turchi, attaccheranno l’ignoranza, l’irreligiosità, l’abbandono del Vangelo.".

Così oggi, nel nome di Paolo della Croce, ho deciso di unire i due esercizi di preghiera tradizionali per i cristiani cattolici, il Rosario e la Via Crucis. Quindici decine, un rosario completo. Ogni mistero, una stazione della Via Crucis. In questo modo:

Inizio del Rosario con il Segno di Croce ed il Credo

15 misteri corrispondenti alle 14 Stazioni tradizionali della Via Crucis più il quindicesimo mistero che corrisponde al primo mistero glorioso, la Resurrezione di Gesù. 

Ogni mistero/stazione viene introdotto da:

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perchè con la Tua santa Croce tu hai redento il mondo.
Lettura del brano biblico corrispondente alla Stazione secondo tradizione.
Silenzio
Orazione conclusiva

Segue la recita del Padre Nostro e di dieci Ave Maria

Conclude il mistero/stazione la recita del Gloria al Padre e la preghiera di Fatima o altra. 

Dopo la lettura biblica del dodicesimo mistero/stazione ci si inginocchia in preghiera.

Il quindicesimo mistero/stazione ha come variante:

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perchè con la Tua santa Croce e la Tua gloriosa Resurrezione tu hai redento il mondo.

Le litanie lauretane (o altre a piacere) e l'orazione concludono il tutto.

Buona preghiera!



sabato 12 ottobre 2019

Fischiano le orecchie?

Spero che a tanti padri sinodali, partecipanti ed uditori del sinodo sull'Amazzonia siano fischiate le orecchie, e magari abbiano ragionato un po', dopo aver letto la seconda lettura dell'Ufficio di oggi. Prego per loro, perchè sia così.

Rileggetevi Gregorio Magno, altro che viri probati o sacerdozio femminile... 



Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 3. 14; PL 76, 1139-1140. 1146)
Senso di responsabilità nel ministero

Sentiamo cosa dice il Signore nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe!» (Mt 9, 37-38).

Per una grande messe gli operai sono pochi; non possiamo parlare di questa scarsità senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova di rado chi lavora nella messe del Signore; ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.

Riflettete attentamente, fratelli carissimi, su quello che è scritto: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, affinché siamo in grado di operare per voi come si conviene, perché la lingua non resti inceppata nell'esortare, e il nostro silenzio non condanni presso il giusto giudice noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori. 
Spesso infatti la lingua dei predicatori perde la sua scioltezza a causa delle loro colpe; spesso invece viene tolta la possibilità della predicazione a coloro che sono a capo per colpa dei fedeli.

La lingua dei predicatori viene impedita dalla loro nequizia, secondo quanto dice il salmista: «All'empio Dio dice: Perché vai ripetendo i miei decreti?» (Sal 49, 16).

Altre volte la voce dei predicatori è ostacolata colpevolmente dai fedeli, come il Signore dice a Ezechiele: «Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto. Così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli» (Ez 3, 26). Come a dire: Ti viene tolta la parola della predicazione, perché il popolo non è degno di ascoltare l'esortazione della verità, quel popolo che nel suo agire mi è ribelle. Non è sempre facile però sapere per colpa di chi al predicatore venga tolta la parola. Ma si sa con tutta certezza che il silenzio del pastore nuoce talvolta a lui stesso, e sempre ai fedeli a lui soggetti.

Vi sono altre cose, fratelli carissimi, che mi rattristano profondamente sul modo di vivere dei pastori. E perché non sembri offensivo per qualcuno quello che sto per dire, accuso nel medesimo tempo anche me, quantunque mi trovi a questo posto non certo per mia libera scelta, ma piuttosto costretto dai tempi calamitosi in cui viviamo. 

Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti. Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. 

Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti. Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. 

Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? 

Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). 

Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere.

Combatti la buona battaglia della fede! O Timoteo, O Luca!

Dalla prima lettera a Timoteo di san Paolo, apostolo 6:11-21

"Ultima esortazione"

Carissimo, tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. 

Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi rivelata
dal beato e unico Sovrano
il Re dei regnanti e Signore dei signori,
il solo che possiede l'immortalità,
che abita una luce inaccessibile;
che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera.

O Timoteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede.

La grazia sia con voi!

O Luca, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede.


mercoledì 9 ottobre 2019

Sesso, amore, matrimonio, infedeltà



Trattando dell’amore coniugale, due sono gli estremi da evitare: uno è il rifiuto di riconoscere l’amore sessuale, l’altro sta nel dare troppa importanza all’attrazione sessuale. Il primo errore fu vittoriano; il secondo è freudiano. Per il Cristiano, il sesso è inseparabile dalla persona, e voler ridurre la persona a sesso è tanto stolto quanto voler ridurre la personalità a polmoni o a torace. Alcuni vittoriani, per la loro stessa educazione, negarono praticamente il sesso come una funzione della personalità; alcuni sessuofili dei tempi moderni negano la personalità e divinizzano il sesso.

L’animale maschio è attratto verso l’animale femmina, ma una personalità umana è attratta verso un’altra personalità umana. L’attrazione della bestia verso la bestia è fisiologica; l’attrazione dell’essere umano verso un altro essere umano è fisiologia, psicologica e spirituale. Lo spirito umano ha una sete d’infinito che il quadrupede non ha. Quest’infinito è, in realtà, Dio. Ma l’uomo può pervertire tale sete, mentre l’animale non può perché non ha il concetto dell’infinito. 
L’infedeltà, nella vita coniugale è in sostanza la sostituzione di un infinito con una successione di esperienze carnali finite. 
La falsa infinità di tale successione si sostituisce all’Infinità del Destino, che è Dio. La bestia è promiscua per una ragione del tutto differente da quella per cui è promiscuo l’uomo. Il falso piacere dato da nuove conquiste nel regno del sesso è il surrogato della conquista dello Spirito nel Sacramento del Matrimonio! Il senso di vuoto, di malinconia e di umiliazione è una conseguenza dell’incapacità di trovare soddisfazione infinita in ciò che è carnale e limitato. La disperazione è edonismo deluso. Gli spiriti più depressi sono quelli che cercano Dio in un falso dio!

Se l’amore non si eleva, precipita. Se, come la fiamma, non arde verso il sole, brucia alla base, distruggendosi. Se il sesso non ascende al paradiso, discende nell’inferno. Il corpo non può donarsi se l’anima non si dona. 
Coloro che ritengono di poter essere reciprocamente fedeli nell’anima ma infedeli nel corpo, dimenticano che queste due condizioni sono inseparabili. Il sesso isolato dalla personalità non esiste! 

Un braccio vivo e gesticolante staccato da un organismo vivente è un assurdo. L’uomo non ha funzioni organiche isolate dall’anima. La sua personalità forma un tutto unico. Non v’è nulla di più psicosomatico dell’unione di due esseri in una carne sola; nulla migliora o peggiora tanto una mente, una volontà. La separazione dell’anima dal corpo è la morte. Coloro che separano il sesso dallo spirito prefigurano la morte. Godere della personalità altrui attraverso la propria personalità, questo è amore. Il piacere della funzione animale attraverso la funzione animale di un altro è sesso separato dall’amore.

Il sesso è uno dei mezzi istituiti da Dio per l’arricchimento della personalità. È un principio fondamentale di filosofia che nella mente non v’è nulla che non sia stato prima avvertito dai sensi. Qualsiasi nostra conoscenza ci viene dal corpo. Come ci dice San Tommaso, noi abbiamo un corpo perché il nostro intelletto è debole. Come la mente si arricchisce mediante il corpo e i suoi sensi, così l’amore si arricchisce mediante il corpo e il suo sesso. 
Come in una lacrima su una guancia si può vedere riflesso un universo, così nel sesso si può vedere riflesso il ben più vasto mondo dell’amore.

(Beato Fulton J. Sheen, da "Tre per sposarsi")




domenica 6 ottobre 2019

Sali sulla breccia, denuncia il peccato, sii araldo del Vangelo

Dalla «Regola pastorale» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 2, 4; PL 77, 30-31)

Il pastore sia accorto nel tacere,
tempestivo nel parlare

Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch'è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell'errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla.

Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch'è giusto e, al dire di Cristo ch'è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all'arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio.

Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: «Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare» (Is 56, 10), e fa udire ancora il suo lamento: «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13, 5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi.

Cos'è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d'Israele. Per questo al popolo che ricadeva nuovamente nell'infedeltà fu detto: «I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato le tue iniquità, per cambiare la tua sorte» (Lam 2, 14). Nella Sacra Scrittura col nome di profeti son chiamati talvolta quei maestri che, mentre fanno vedere la caducità delle cose presenti, manifestano quelle future.

La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perché, per timore di riprendere le colpe, lusingano invano i colpevoli con le promesse di sicurezza, e non svelano l'iniquità dei peccatori, ai quali mai rivolgono una parola di riprensione.

Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l'ha commessa. Per questo Paolo dice: «Perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono» (Tt 1, 9). E anche il profeta Malachia asserisce: «Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti» (Ml 2, 7).

Per questo il Signore ammonisce per bocca di Isaia: «Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce» (Is 58, 1).

Chiunque accede al sacerdozio si assume l'incarico di araldo, e avanza gridando prima dell'arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual è, come farà sentire la sua voce? 

Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito.


venerdì 4 ottobre 2019

Quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode

Fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

(Filippesi 4:8-9)

La lettura breve dell'Ora Nona di oggi, pregata da poco. Cos'è "quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode"?

Sia chiaro, è "quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode" agli occhi di Dio, non ai nostri occhi. Perchè i nostri occhi sono viziati dal peccato, dall'orgoglio, dalla gola, dalla lussuria, e facilmente leggono male questo passo.

Scambiano quello che ci piace (che, oltretutto, volubili come siamo, oggi non è lo stesso di ieri) con quello che è buono, per Dio e secondo verità (la Sua verità!).


giovedì 3 ottobre 2019

Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature

Altissimo, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria et l'honore
et onne benedictione.

A te solo, Altissimo, se konfanno
et nullo homo ene digno te mentovare.

Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messer lo frate sole,
lo qual è iorno; et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'hai formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale alle tue creature dai sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile
et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte;
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.

Laudato si', mi' Signore,
per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
et sostengon infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke le sosterranno in pace
ka da te, Altissimo, saranno incoronati.

Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra morte corporale,
da la quale nullo uomo vivente pò skappare.

Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda nol farà male.

Laudate et benedicete mi' Signore et rengratiate
et servitelo cum grande humilitate.


Nota bene: quello che è da lodare, ringraziare, servire, pregare, onorare è il Signore, il Creatore. E non solo per ogni sua opera o creatura ma persino per la nostra morte corporale. Per la fine apparente della nostra vita. 

Non sono da lodare le creature o la Creazione in quanto tale, ma il Creatore!

Tenetelo a mente! Il cristiano ama ed è chiamato ad amministrare al meglio la Creazione perchè onora, prega e teme Dio. Non viceversa... Ricordatevelo in questi tempi di Sinodo per l'Amazzonia. Dove sembra che dobbiamo amare ciò che l'uomo realizza o cerca di realizzare in quei luoghi, che dobbiamo divinizzare le opere dell'uomo o un suo particolare modo di sentire, invece che amare Dio per le meraviglie che compie in Amazzonia ed in ogni luogo. 

Notate come comincia e finisce il Cantico delle Creature, con una professione di fede, piena, totale in Dio. Non nella Pacha Mama o in questo o quell'uomo. 

Cristificazione

 Occorre "cristificarsi", diceva Giacomo Alberione. Cosa significa "cristificarsi"?  Non certo, io credo, semplicemente ...