mercoledì 18 settembre 2019

«Sono dunque, diventato vostro nemico dicendovi la verità?» (Gal 4, 16)

L'Apostolo stesso [Paolo], ricordando come si erano comportati verso di lui, per non sembrare dimentico dell'onore che gli avevano reso, attesta di essere stato accolto da loro come un angelo di Dio e che, se fosse stato possibile, si sarebbero tolti anche gli occhi per darglieli.
Ma tuttavia si avvicina alla pecora malata, alla pecora infetta per incidere la ferita, non risparmiando l'infezione. «Sono dunque», soggiunge infatti, «sono diventato vostro nemico dicendovi la verità?» (Gal 4, 16).
Egli prese bensì il latte delle pecore, come abbiamo ricordato poco fa, si rivestì della lana delle pecore, ma non trascurò le sue pecore. Perché egli non cercava i suoi interessi, ma quelli di Gesù Cristo.

Scrive quindi Agostino di Ippona (lettura dall'Ufficio di oggi) che l'Apostoli, il discepolo, chi porta Cristo, di fronte ad una malattia, ad un difetto, ad un peccato, ha come primo dovere quello di denunciarlo, di dire la Verità.

Senza Verità non c'è carità che tenga. Non è carità fare finta di nulla o mostrarsi addirittura accondiscendente con il peccato.

Occorre incidere la ferita, incidere il bubbone. Perchè il pus venga fuori e la ferita guarisca. Questa è anche scienza... magari i predicatori facessero così nei loro sermoni o nelle loro omelie. Invece di star lì col bilancino per evitare che qualche contribuente, cliente, esca dalla chiesa...


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