lunedì 4 maggio 2020

Grüß Gott, Ultreya et Suseia, i saluti lungo i cammini #OraEtLabora

Salutarsi mentre si cammina, quando ci si incontra, è, purtroppo, una abitudine sempre meno praticata. Molti sono presi dalla frenesia dei loro pensieri, o da quelli che vengono loro suscitati dall'incessante "bip" delle varie suonerie, delle infinite applicazioni, dei sempre più interconnessi ed onnipresenti smartphone.

Al punto che mi capita, se saluto per strada qualcuno che conosco di vista o poco, di essere guardato male, o più frequentemente di essere ignorato.

Tutto questo in città. In una metropoli come Roma è ordinaria amministrazione, purtroppo.

In montagna, o lungo i sentieri della campagna, la cosa va leggermente meglio, ma anche lì, dicono le mie ultime esperienze, si va peggiorando. Diciamo così. Man mano che aumenta il "campo" dei cellulari, diminuiscono i saluti e la cortesia.

I primi cammini fatti, da scout prima, da prete che accompagnava i seminaristi in vacanza poi, si sono svolti in buona parte nel Nord Italia, su Alpi e Prealpi. Mi sono rimaste impresse, durante una vacanza di una settimana dalle parti del lago di Braies, le passeggiate fatte tra Italia ed Austria, sconfinando dalla valle Aurina.

Il saluto che lì ti veniva rivolto era il classico Grüß Gott, ossia, "Dio ti saluti" da intendersi nel senso di "Dio ti benedica" o in quello di "Ti affido a Dio". Oggi molti "si toccano" o compiono gesti scaramantici se glielo dici! La ragione del saluto in effetti è chiara. La montagna, specie se alta, è un luogo meraviglioso, ma anche pieno di insidie. Occorre essere prudenti, stare attenti a crepacci, buche, e a tante altre cose.  Un credente vero sa che siamo sempre "nelle mani di Dio" e non vede nulla di male in un saluto del genere.

Ma di credenti veri, anche a giudicare dai recenti eventi "coronavirus", ne sono rimasti davvero pochi. Che si affidano, si, anche alle scienze mediche, ma prima di tutto e principalmente alla provvidenza di Dio.

Oggi è pieno di credenti fasulli. Che hanno invertito l'ordine. Per cui prima ci si affida all'uomo ed ai suoi rimedi, e poi, ma molto poi, ci si affida a Dio. Diciamolo chiaro, all'80/90 per cento dei sedicenti cristiani di questo paese, che le messe ed i culti siano sospesi importa poco o nulla! Ai tempi dell'Antico Testamento questo si chiamava idolatria, ed era maledetto nei Salmi, era foriero di maledizione: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo!".

L'altro saluto riportato nel titolo del post è invece tipico del cammino di Santiago. Trae origine da una benedizione dell' antico Codex Calixtinus o Liber Sancti Jacobi (Libro di San Giacomo) che è un insieme di testi in gloria di san Giacomo maggiore e del suo culto compostellano.

I testi sono di varia datazione e provenienza, indicati come composti all'inizio del XII secolo, ma la redazione del codice si situa attorno al 1260. Calixtinus perché attribuito a Papa Callisto II.

Tra questi testi compare la frase: “Ultre ia Et Sus eia, Deus adjuva nos”, che può essere tradotta come “man mano che si va oltre e si va oltre, che Dio ci aiuti!”. Ma si può anche rendere con "man mano che si va oltre, si vada più su, più in alto, e che Dio ci aiuti".

Alla fine quindi, la prima parte era rivolta a chi stava andando a Compostela, ed era un invito a fare un altro passo avanti verso la tomba dell'Apostolo, la seconda a chi stava tornando ed era un invito a fare più alti e significativi gesti di conversione.



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