Pasqua con i tuoi?
Un noto proverbio italiano dice in verità che il Natale lo passi con i tuoi, Pasqua invece "con chi vuoi", con chi ti pare. Perchè la distorsione del concetto di festa cristiana ha fatto sì che da sempre, qui in Italia, ma non solo, il Natale sia sempre stato vista come la festa da passare in famiglia, "con i tuoi appunto".
Perchè? Perchè è la festa della Santa Famiglia di Nazareth, di Maria, di Giuseppe e del bambino Gesù, quindi il richiamo alla famiglia ristretta, o alla famiglia chiesa domestica è diretto, diciamo così. E poi perchè nel nostro emisfero il Natale capita d'inverno, e di solito il tempo non invoglia certo ad uscire a a fare gite fuori porta.
Natale, anzi, al contrario, è tempo di stare chiusi in casa, di accendere il camino o i riscaldamenti (chi li ha ovviamente...), di guardare film o leggere storie e libri sul divano, sotto le coperte, di farsi i regali.
Poi diciamocela tutta. Salvo rarissime eccezioni (che sono però per l'appunto eccezioni e che "confermano la regola"), tutti festeggiano quando nasce un bambino. Non è così difficile.
Passiamo allora alle "dolenti note". Pasqua con chi vuoi. Perchè?
Primo perchè, per la distorsione delle feste cristiane di cui scrivevo sopra, Pasqua, che è l'evento fondante della fede cristiana, è finito per passare, nella coscienza della maggioranza dei credenti e non, in secondo piano.
Quindi, anche io, vissuto in una famiglia di credenti, me lo ricordo, se erano "tassative" la Messa di Natale in parrocchia o casa dei nonni, a Trastevere, e il pranzo di Natale, nel mio caso sempre a casa dei nonni e della zia Sara, erano assai meno stringenti i vincoli per la Pasqua.
La veglia pasquale, si, se proprio ci volevi andare potevi (mentre la Messa di mezzanotte a Natale, guai se mancavi!). Il giorno di Pasqua a Messa ci andavi, ma se poi nel pomeriggio volevi uscire, andare in gita, o fare altro, potevi senza tanti problemi.
Così è stato per me, che sono tuttora convinto di non essere un "marziano".
Ho dovuto, nel mio caso, rinascere di nuovo, riscoprire l'importanza della fede, la fondatezza di essa per la mia vita (lo devo al catechismo di don Ambrogio Spreafico per la cresima, ricevuta da adulto, a quasi 19 anni, a Santa Maria in Trastevere, curiosamente anche questa, come l'Eucaristia, assieme a mia sorella Laura) per riscoprire la centralità della Pasqua.
Perchè questa difficoltà a vivere la Pasqua come fondante, a farla passare in secondo piano? Beh io credo che sia davvero più "difficile" come festa. Perchè se a Natale si festeggia la vita di un bimbo che nasce, e tutti, chi più chi meno, abbiamo esperienza concreta di un bimbo che nasce (anche io ho assistito al parto di mia figlia Sara), chi di noi può dire di aver avuto una esperienza umana, concreta, visibile, di resurrezione? Ammettiamoli, molti meno, e quasi nessuno creduto di quelli che dicono di averla avuta.
E la resurrezione cristiana in più ha una ulteriore difficoltà, che necessità della morte, e della morte di croce, di una morte terribile, per essere compresa. Insomma, se a Natale festeggi una nascita, a Pasqua festeggi una morte, una morte di croce, prodroma della successiva resurrezione. Molto più complicato.
Non che il parto, la nascita, non comporti dolore. Anzi. Sappiamo che una donna che partorisce, nella maggioranza dei casi, sopporta dei livelli di dolore altissimi, come se la squarciassero in tanti casi (credetemi, in sala parto al San Filippo Neri, ho sentito delle urla che non potete immaginare se non le avete sentite anche voi), ma poi, come dice la Scrittura, subentra una gioia tale, mista ad ossitocina!, che la stessa partoriente si dimentica tutto, presa com'è dalla gioia del dover accudire al figlio che è nato.
Mentre la morte è la morte. Interrompe un ciclo di vita, quella terrena, di cui pensiamo di sapere più o meno tutto (mentre in verità ne sappiamo pochissimo!) e dà inizio ad una fase nuova, di cui siamo destinati a non saper nulla fino alla nostra, di morte terrena, ed alla conseguente resurrezione. Con in più il pensiero del giudizio ultraterreno. Checchè ne dicono, ci credono anche quelli che si professano orgogliosamente atei su questa terra. Credetemi, ne ho confessati o ascoltati in punto di morte diversi, mentre ero in ospedale per assistere prima mio padre, poi mia madre.
La morte è la morte. E non ci può essere resurrezione senza la morte. Ma la morte è così difficile da festeggiare, quasi disumano. Sono davvero pochi, pochissimi, si contano sulla punta delle dita, i conoscenti che non ne abbiano paura, o che diano alla futura resurrezione (dovrebbe farlo ogni cristiano!) più importanza che ad essa.
Perciò, "Pasqua con chi vuoi", perciò la smania della gita fuori porta, pure in tempi di coronavirus!!!, la fuga dalla famiglia ristretta per andare in giro con gli amici, l'ansia di bruciare qualcosa, che sia anche semplicemente una salsiccia sulla brace (di solito molte di più).
Perchè dentro di noi vogliamo fuggire dal pensiero della morte, vorremmo bruciarla, escluderla dalla nostra vita. E ci ingozziamo di agnelli ed abbacchi, secondo me, non tanto perchè "lo hanno fatto gli ebrei" (che la stragrande maggioranza manco lo sa ed in realtà manco lo hanno fatto, uno a famiglia allargata, non dieci chili di costine, e poi giù di erbe amare!) ma perchè crediamo, così facendo, di esorcizzare una morte che potrebbe arrivare domani, anche se magari siamo giovani,vitali e saltellanti come un agnellino nato da poco tempo. Ma la morte, lo sappiamo anche se non ce lo diciamo certo tutti i giorni, non guarda in faccia nessuno. La pandemia, il coronavirus, quest'anno ce lo ricorda in modo così chiaro... Certo, la maggioranza dei morti sono gli agnelli del nostro tempo. Gli anziani, magari abbandonati in qualche struttura o residenza. Ma muoiono anche, pochi ma muoiono, bambini, o ragazzi. O quelli che si occupano degli altri, agnelli sacrificali come medici ed infermieri, volontari e sacerdoti in cura d'anime.
Beh, quest'anno abbiamo di che riflettere. Perchè, incoscienti ed impauriti, idioti a parte (penso alle foto di quelli in coda ieri sulla Pontina, per andare al mare Pasqua e Pasquetta...), quest'anno è Pasqua che la maggior parte di noi passa con i suoi!
Il che ci costringerà a riflettere, a pensare, su come viviamo, con chi viviamo, perchè ci viviamo, perchè ci siamo scelti; oltre che spingerci a pregare, riflettere, sulla vita e sulla morte, specie se a morire in questa pandemia è qualcuno che conosciamo, di cui sappiamo, un parente, un amico, un conoscente.
Pasqua con i nostri. Potrebbe essere bellissimo in realtà, se tra i nostri c'è lui, il Cristo Crocifisso e Risorto.
Vale la pena di pensarci e pregarci sopra, io credo.
Amen.
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