lunedì 8 giugno 2020

Predichiamo l'antica Croce e conosceremo l'antica potenza #OraEtLabora

Un articolo magistrale del pastore Aiden Wilson Tozer (21 aprile 1897 - 12 Maggio, 1963).



6 Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo. 7 Ché poi non c'è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
8 Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema. 9 Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema.
10 Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.

(Galati 2)

23 Noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; 24 ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.
(1Corinti 1)



LA NUOVA CROCE, DI A.W. TOZER

Senza preavviso, ed in modo inaspettato, una nuova croce si è introdotta in mezzo al popolo evangelico della nostra epoca. Pur somigliando alla croce antica, è differente: le somiglianze sono superficiali, le differenze fondamentali.

Da questa nuova croce è germogliata una nuova filosofia di vita cristiana, e da questa filosofia una nuova tecnica evangelistica: un nuovo stile di riunioni ed un nuovo genere di predicazione.
Questa nuova evangelizzazione utilizza lo stesso linguaggio antico, ma il suo contenuto non è lo stesso, e la potenza non è più la stessa del passato. La vecchia croce non aveva alcun rapporto con il mondo. Per la carne orgogliosa di Adamo, significava la morte. Essa metteva in atto la sentenza di morte imposta dalla legge del Sinai.

La nuova croce, dal canto suo, non è in opposizione al genere umano; al contrario, ne è alleata, e, se comprendo bene, alimenta un flusso di divertimento legittimo e buono e di innocente allegria. Essa lascia vivere Adamo senza impedimenti, con una motivazione immutata; egli può continuare a vivere per il suo piacere e, adesso, al posto di rallegrarsi cantando delle canzoni di carattere dubbio mentre beve alcolici, si rallegra cantando dei cantici e guardando dei film religiosi. L’accenta resta sempre sulla gioia …ma ad un livello su un piano più elevato.

La nuova croce incoraggia, nell’evangelizzazione, un approccio completamente nuovo e totalmente differente. L’evangelista non reclama più la rinuncia alla vecchia via perché la nuova vita possa insediarsi. Non predica affatto dei contrasti, ma delle similitudini. Cerca di essere al centro dell’interesse generale mostrando che il cristianesimo non ha delle esigenze scomode, ma che al contrario offre tutto quello che il mondo offre, ma ad un livello superiore.
Tutto ciò a cui il mondo, corrotto attraverso il peccato, aspira ai nostri giorni, è molto abilmente presentato come ciò che giustamente apporta l’evangelo, essendo però, beninteso, un prodotto religioso migliore.

La nuova croce non mette a morte il peccatore, lo orienta diversamente. Essa lo indirizza in un’altra direzione, in un modo di vita più sano e più felice, salvaguardandone l’autostima.
A colui che è autoritario essa dice: “Vieni ed afferma te stesso per Cristo!”; a colui che è orgoglioso, essa dice: “Vieni e glorifica te stesso nel Signore!”. A colui che è avido di emozioni, essa dice: “Vieni e saziati di comunione fraterna!”.

Il messaggio dell’Evangelo è deviato, piegato nella direzione della corrente in voga, per essere accettato dal pubblico.

La filosofia che sta a monte è senza dubbio sincera, ma la sua sincerità non le impedisce di essere falsa. È falsa perché è cieca. Passando completamente a fianco del significato fondamentale della croce. La vecchia croce è un simbolo di morte. Essa rappresenta la fine improvvisa e brutale della vita umana.
Al tempo dei romani, colui che caricava la propria croce e che si incamminava sul sentiero di morte aveva detto addio ai propri amici. Egli sapeva che non li avrebbe più visti. Egli andava via per sempre. La croce non precedeva alcun compromesso, non modificava niente, non migliorava niente e non risparmiava nessuno; essa immolava tutto dell’uomo, completamente e definitivamente. Essa non cercava di rimanere in buoni rapporti con la vittima. Essa colpiva duro e crudelmente, e quando aveva compiuto la sua opera, non restava niente dell’uomo, egli non esisteva più.
La razza di Adamo è sotto la sentenza di morte. Egli non può avere alcuna commutazione della pena, nessuna scappatoia.

Dio non può approvare alcuno dei frutti del peccato, per quanto innocenti o desiderabili possano apparire agli occhi degli uomini.

Dio deve mettere l’uomo sotto pressione e sopprimerlo totalmente prima di poterlo rialzare in novità di vita. Questa predicazione evangelistica che stabilisce dei paralleli concilianti tra le vie di Dio e quelle dell’uomo è traditrice nei confronti della Bibbia e crudele per le anime degli ascoltatori. La fede in Cristo non va in parallelo con il mondo, al contrario lo rifiuta.

Venendo a Cristo, non eleviamo la nostra vita naturale ad un livello superiore, ma l’abbandoniamo alla croce. Il chicco di grano deve cadere nella terra e morire.

Noi, che predichiamo il Vangelo, non dobbiamo considerarci come agenti di pubbliche relazioni inviati per stabilire dei buoni rapporti tra Cristo ed il mondo. Non dobbiamo immaginare di essere incaricati della missione di rendere Cristo accettabile all’economia mondiale, alla stampa, al mondo dello sport o all’insegnamento moderno. Non siamo dei diplomatici, ma dei profeti, ed il nostro messaggio non è un compromesso ma un ultimatum.

Dio offre la vita, ma non una vita migliorata. La vita che Egli offre è una via che rinasce dalla morte. Essa si tiene sempre a fianco della croce. Colui che la vuole ricevere deve passare sotto il giudizio e deve rinunciare a sé stesso ed approvare la giusta sentenza di condanna divina verso sé stesso. Cosa significa ciò per colui che si trova di fronte a Gesù? Come si può tradurre questa teologia nella vita pratica? Egli deve semplicemente pentirsi e credere; deve rinunciare ai suoi peccati ed incamminarsi nella via della rinuncia a sé stesso. Egli non deve nascondere niente, non scusare niente, non giustificare niente.

Non deve provare ad argomentare con Dio, ma deve sottomettersi di fronte al giusto giudizio di Dio, riconoscendosi degno di morte. Quindi, deve porre la sua fede sul Salvatore risorto, da cui proviene la vita, la nuova nascita, la purificazione e la potenza. La croce che ha messo fine alla vita terrena di Gesù metterà fine a quella del peccatore; e la potenza che ha fatto risorgere Gesù dai morti ricondurrà il peccatore ad una nuova vita con Cristo.

A coloro che vorranno obiettare a tutto ciò, o vedervi una concezione ristretta e personale della verità, io dirò che Dio ha messo il segno della Sua approvazione su questo messaggio, dai tempi dell’apostolo Paolo fino ai nostri giorni.

Che i termini siano esattamente gli stessi o no, questa fu, nel corso dei secoli, il contenuto della predicazione che ha comunicato la vita e la potenza nel mondo. È su questo aspetto che gli uomini di Dio del passato, i riformatori, i risvegliati hanno messo l’accento; ed i segni, i miracoli e le potenti operazioni dello Spirito Santo hanno testimoniato l’approvazione di Dio sul loro messaggio.

Oseremo noi, in quanto eredi di una tale potenza, di falsificare la verità? Oseremo noi, con la punta smussata delle nostre penne, correggere la traccia del piano dell’architetto, o alterare il modello rivelato per noi sul monte Calvario? Dio ci guardi!

Predichiamo l’antica croce e conosceremo l’antica potenza!

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